A proposito della “deportazione” prossima ventura dei docenti italiani, cioè del fatto che con l’ultima riforma qualche decina di migliaia di loro potrebbe ritrovarsi “deportata” dal Sud al Nord perché al Nord ci sono decine di migliaia di cattedre “scoperte”, ho un’obiezione e una domanda:
Deportazione significa “trasferimento d’autorità”, come in questa foto. Deportazione è quando ti prendono per il collo per portarti altrove ANCHE se tu gli hai appena detto “no grazie, ho appena vinto la lotteria o trovato un altro lavoro qui, quella cattedra non mi serve più”. Chiamare deportazione i trasferimenti causati da quest’ultimo DDL sulla scuola è ridicolo, serve solo ad alienarsi le simpatie di tutti gli Italiani che non lavorano nella scuola. Sai le risate il prossimo 27 gennaio, a spiegare ai ragazzini in classe che gli Ebrei vennero deportati proprio come il vostro povero prof? Su questo torneremo fra un attimo, perché la domanda fondamentale è:
Prima della deportazione degli insegnanti, a che serve la scuola italiana?
Qualcuno, ho letto, chiama quei trasferimenti deportazione perché “la decisione di trovare lavoro altrove spetta al lavoratore”. Certo. Ma la decisione di offrire lavoro e affrontare costi solo dove serve è una responsabilità che spetta al datore di lavoro. La scuola esiste per fornire la migliore educazione possibile ai ragazzi, non lavoro ai docenti. Quello è solo un mezzo, non il fine. Invece si ha l’impressione che le vittime di questa “deportazione degli insegnanti” parlino (anche dicendo tante cose giustissime, ci mancherebbe!) stiano spiegando solo gli effetti su sè stessi e non sui loro “clienti”, cioè sugli studenti.
Quindi: è VERO o no quanto dice il MIUR, cioè che oggi, al Nord servono molti più insegnanti che al Sud, e che al Sud ci sono molti insegnanti “in esubero”, diciamo così per semplicità? Ci sono verifiche indipendenti dei dati di partenza che causeranno tutta questa “deportazione degli insegnanti”? Perché se sono scorretti, incompleti o male interpretati vanno sbugiardati. Nel caso contrario bisogna prendere atto di quei dati e della effettiva missione della scuola, e al limite proporre sistemi concreti per minimizzare i danni, non accusare di “deportazione degli insegnanti”. Ci sono queste proposta alternative concrete? Se sì e mi sono sfuggita mi scuso, indicatemele, ma in ogni caso, strillare “deportazione degli insegnanti!” e comunque parlare di posti di lavoro persi o “deportati” PRIMA che della qualità del servizio è controproducente. Soprattutto per gli insegnanti, nel senso di questo commento su Facebook, che sottoscrivo e copio, proprio sullo stesso tema:
“E’ questo parlarsi addosso in maniera autoreferenziale e il piagnisteo continuo che alla fine permetterá a Renzi di conquistare da altri i voti persi dai docenti e forse di carpirne qualcuno in più rispetto ai voti persi. Ed è questo che frega i docenti, non son solo loro a votare.”