Angela Lamboglia pone domande perfette in Di cosa è fatto un lavoro? E uno sciopero?. Queste le domande, poi spiego perchè le considero perfette:

  Il prossimo 6 maggio si terà lo sciopero generale convocato dalla Cgil per protestare contro l'(in)azione del Governo in tema di occupazione, welfare, fisco, istruzione....questo sciopero generale è stato chiesto lungo tutto l'autunno e l'inverno... Ancora una volta, però,è stato pensato senza considerare tutta una parte di lavoratori che al diritto di sciopero non ha accesso, almeno nella sua forma tradizionale.






  Con le altre Diversamente occupate, ci chiediamo: Che significa per noi scioperare? Bloccare una produzione, un servizio? Disertare un luogo? O dare riconoscibilità di quel blocco e di quell'assenza? E quando si lavora da casa e non si ha un luogo da boicottare, una scrivania da abbandonare agli occhi di qualcuno che possa vederla vuota?

Ecco perché quell’articolo mi ha colpito: nel secolo scorso ero in un’azienda praticamente senza precari o consulenti. Già allora, lì quasi tutti lavoravano allo stesso modo: seduti a una scrivania a far lavorare computer senza interruzione, per analizzare ogni mattina i dati prodotti da quei computer durante la notte, secondo le istruzioni impartite dagli umani prima di andarsene a casa il giorno precedente.

Quando c’era uno sciopero, i sindacati bloccavano i cancelli con picchetti, bandiere e quant’altro. Molti, sapendolo, indipendentemente dalla loro adesione allo sciopero, davano più istruzioni ai computer il pomeriggio precedente in modo che non rimanessero senza far nulla mentre gli uffici erano vuoti. Quindi l’azienda ci guadagnava, perchè aveva quasi la stessa “produzione”, ma senza pagare quella giornata di stipendi. Ergo, in quell’azienda lo sciopero era praticamente inutile, se non controproducente. Anche se fatto da lavoratori tradizionali a tempo indeterminato. E chi tentava di farlo capire ai sindacalisti non otteneva il minimo risultato.

PS: no, le risposte non le ho. Però se non si fanno le domande giuste dare risposte serve a poco, per questo invito a riflettere su quell’articolo.